Il medesimo raccontò che vi era ad Alessandria un auriga, la cui madre si chiamava Maria. Nel corso di una gara ippica, egli cadde, ma si rialzò subito, sorpassò colui che l'aveva fatto cadere, e vinse. La folla gridò: «Il figlio di Maria è caduto, è risorto, e ha vinto»1. Mentre ancora si levava questo grido, giunse alla folla la notizia che il grande Teofilo era venuto, aveva rovesciato l'idolo di Serapide e si era impadronito del tempio2
Il medesimo raccontò che vi era ad Alessandria un auriga, la cui madre si chiamava Maria. Nel corso di una gara ippica, egli cadde, ma si rialzò subito, sorpassò colui che l'aveva fatto cadere, e vinse. La folla gridò: «Il figlio di Maria è caduto, è risorto, e ha vinto»1. Mentre ancora si levava questo grido, giunse alla folla la notizia che il grande Teofilo era venuto, aveva rovesciato l'idolo di Serapide e si era impadronito del tempio2
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Note
1 Senza saperlo la folla fa una perfetta professione di fede in Cristo, figlio di Maria, cioè venuto nella carne, morto e risorto. La punta del detto consiste nella tesi dell'oggettività della Parola che, quasi rivestita di personalità autonoma (si vedano al riguardo innumerevoli testi soprattutto dell'Antico Testamento), consegue il suo risultato anche prescindendo dall'intenzionalità con cui è pronunciata. La proclamazione della fede vince e distrugge l'idolatria.
2 Cf. p. 220.
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Fonte: L. Mortari, Vita e detti dei Padri del deserto, Città Nuova, ed. 2012
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