Il fedele, seguito dal padre spirituale, deve quindi operare una maturazione interiore per potere assaporare pian piano i molteplici sensi della Scrittura e il significato che essa ha nella sua vita concreta.
Nell'Ortodossia la Bibbia è interpretata usando il criterio stabilito dalla esperienza della Chiesa, che proviene, a sua volta, da quanto trasmesso dagli apostoli nella Chiesa primitiva. Il fedele, seguito dal padre spirituale, deve quindi operare una maturazione interiore per potere assaporare pian piano i molteplici sensi della Scrittura e il significato che essa ha nella sua vita concreta. Questa maturazione interiore è molto più di una semplice istruzione intellettuale: consiste in un progressivo ingresso del fedele nella vita e nella esperienza della Chiesa, condotto per mano con prudenza e discernimento dal padre spirituale.
Generalmente l'atteggiamento attuale dell'Ortodossia nei confronti della scienza, pur avendo diversi orientamenti con alcuni fedeli che si oppongono a qualche concetto dell'evoluzione alle origini e dello sviluppo della vita, stabilisce una differenza tra il mondo creato (soggetto alle leggi naturali) e il mondo rivelato e increato (soggetto alle leggi divine). Questa differenza evita il contrasto stridente tra fede e scienza che ha caratterizzato la storia del Cristianesimo occidentale. Per questo, secondo alcuni teologi tra cui il prof. Georgios Metallinos dell'Università di Atene, il contrasto fede-scienza per l'Ortodossia è, piuttosto, uno pseudo-problema, più che un problema, non appartenendo realmente alla sua tradizione.
L'Ortodossia considera la verità come rintracciabile nel "Consenso dei Padri", un evidente filo conduttore di accordo che unisce gli scritti patristici della prima Chiesa e degli apostoli. Coloro i quali si mostrarono in disaccordo con quanto veniva considerato il consenso non vennero accettati come "Padri" autentici. Tutti i concetti teologici devono essere in accordo con tale consenso. Anche quelli considerati come "padri" autentici possono avere qualche opinione teologica che non è universalmente condivisa, ma ciò non li rende eretici. Quindi un cristiano ortodosso non è vincolato ad essere d'accordo con ogni opinione di ogni Padre, ma piuttosto con il consenso complessivo dei Padri, e anche qui solo su quelle questioni in cui la Chiesa ha stabilito dei punti dogmatici.
I teologi e i Padri dell'Ortodossia hanno usato nelle loro opere molte espressioni filosofiche greche, forse più di quanto è stato fatto in Occidente. Essi presero a prestito alcune categorie e il vocabolario del Neoplatonismo per spiegare la dottrina cristiana, ma lo fecero in modo tale da non contaminare con elementi filosofico-pagani il dato rivelato. Quando questo avveniva si era davanti ad una eresia. Per questo essi non hanno necessariamente accettato tutte le teorie ereditate dal passato. In seguito, alcuni filosofi neoplatonici non-cristiani, presero a loro volta in prestito parte del vocabolario dei teologi cristiani.
La versione dei Settanta (Septuaginta in latino, indicata anche, secondo la numerazione latina, con LXX o, secondo la numerazione greca, con la lettera omicron seguita da un apice O'), è la versione della Bibbia in lingua greca, che la lettera di Aristea vuole tradotta direttamente dall'ebraico da 72 saggi ad Alessandria d'Egitto; in questa città cosmopolita e tra le maggiori dell'epoca vi era una grandissima e famosa biblioteca e vi si trovava un'importante e attiva comunità ebraica. Questa versione costituisce tuttora la versione liturgica dell'Antico Testamento per le Chiese ortodosse di tradizione greca. I manoscritti della LXX sono i testi biblici più antichi oggi esistenti.
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