Il padre Dula diceva: «Se il nemico vuole costringerci ad abbandonare la solitudine, non ascoltiamolo; poiché nulla può combatterlo come la solitudine unita all'astinenza dal cibo: esse donano l'acutezza agli occhi interiori»1
Il padre Dula diceva: «Se il nemico vuole costringerci ad abbandonare la solitudine, non ascoltiamolo; poiché nulla può combatterlo come la solitudine unita all'astinenza dal cibo: esse donano l'acutezza agli occhi interiori»1
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Note
1 Le pratiche ascetiche, come già abbiamo visto (cf. nota 104, p. 133), non devono essere assolutizzate ma considerate nel loro valore strumentale; esse fanno tuttavia parte della lotta ineludibile per piegare l'uomo vecchio con le sue passioni: il gioco delle passioni è complesso, esse sono strettamente concatenate; la continenza le combatte e impedisce che offuschino la visione della fede (cf. PJ IV, 14). Bisogna purificare i sensi – afferma un tropario pasquale di Giovanni Damasceno (Domenica di Pasqua, Canone dell'orthros, ode I, 2, CN 1974, pp. 190s.) – per vedere, alla luce inaccessibile della risurrezione, il Cristo sfolgorante: non si può cioè mantenere la fede, vedere il Risorto, senza combattere a fondo la negatività degli elementi corporei che deviano continuamente e profondamente l'anima nelle sue operazioni.
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Fonte: L. Mortari, Vita e detti dei Padri del deserto, Città Nuova, ed. 2012
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