Raccontavano di un certo padre della Tebaide, di nome Antianò, che in gioventù si occupò molto di affari pubblici e nella vecchiaia si ammalò e divenne cieco. I fratelli cercavano in tanti modi di consolarlo della sua malattia e gli mettevano in bocca il cibo. E chiesero al padre Aiò: «Che risultato può ottenere tanta opera di conforto?». Egli disse loro: «Io vi dico che, se il cuore vuole e accondiscende volentieri, anche se mangia un solo dattero, il Signore lo sottrarrà alla sua tribolazione, ma se non accondiscende e accetta di malavoglia, il Signore conserverà intatta la sua tribolazione, perché è costretto senza volere; ed essi ne avranno ricompensa»1
Raccontavano di un certo padre della Tebaide, di nome Antianò, che in gioventù si occupò molto di affari pubblici e nella vecchiaia si ammalò e divenne cieco. I fratelli cercavano in tanti modi di consolarlo della sua malattia e gli mettevano in bocca il cibo. E chiesero al padre Aiò: «Che risultato può ottenere tanta opera di conforto?». Egli disse loro: «Io vi dico che, se il cuore vuole e accondiscende volentieri, anche se mangia un solo dattero, il Signore lo sottrarrà alla sua tribolazione, ma se non accondiscende e accetta di malavoglia, il Signore conserverà intatta la sua tribolazione, perché è costretto senza volere; ed essi ne avranno ricompensa»1
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Note
1 Cercare di sfuggire alla tribolazione è sottrarsi alla benedizione del Signore. Si può tuttavia accondiscendere soltanto esternamente, senza la partecipazione del cuore e della volontà, alla carità dei fratelli, per procurare loro il merito (cf. Giovanni Nano 7) senza perdere per sé la benedizione della sofferenza mandata da Dio.