Il padre Gelasio ereditò un giorno la cella e il terreno circostante da un anziano, anch'egli monaco, che abitava vicino a Nicopoli. Un parente del defunto, contadino di Vacato – che a quel tempo era governatore di Nicopoli di Palestina – si recò da Vacato con la pretesa di avere quel terreno che, a suo parere, gli spettava per legge. Questi, che era un violento, tentò di prendere con le proprie mani il terreno al padre Gelasio. Ma il padre Gelasio non acconsentiva, perché non voleva che una cella monastica fosse data a uno del mondo. Quando Vacato vide le bestie del padre Gelasio trasportare le olive del terreno da lui ereditato, le trascinò dietro a sé con violenza, portò le olive in casa sua, quindi rimandò con oltraggi le bestie e i loro conduttori. Il beato vecchio non reclamò alcun diritto sul raccolto, ma non cedette per nulla quanto al possesso del terreno, per la ragione che s'è detta. Infiammato d'ira, Vacato si diresse a Costantinopoli, spinto anche da altre questioni analoghe, perché era un uomo litigioso. Intraprese il viaggio a piedi e giunse vicino ad Antiochia, dove risplendeva un grande luminare, il santo Simeone1. Vacato, che era cristiano, sentì parlare di quest'uomo straordinario e fu preso dal desiderio di vederlo. Il santo Simeone, dalla colonna, lo vide giungere e, entrato subito in monastero2, gli chiese: «Donde vieni? E dove vai?». Egli disse: «Vengo dalla Palestina e vado a Costantinopoli». E l'altro a lui: «E per quale motivo?». «Per molti affari, gli disse Vacato, e spero, grazie alle preghiere della tua santità, di ritornare e baciare i tuoi santi piedi». «Sventurato! – gli disse il santo Simeone – non vuoi ammettere di esserti eretto contro l'uomo di Dio? Tu non farai buon viaggio, né rivedrai mai più la tua casa. Se vuoi seguire il mio consiglio, torna indietro, va' in fretta da lui, dimostragli il tuo pentimento, se mai tu riesca ad arrivare là vivo». Vacato, colto immediatamente da una forte febbre e trasportato in un lettuccio da coloro che l'accompagnavano, si affrettò, secondo le parole del santo Simeone, a tornare dal padre Gelasio, per chiedergli perdono. Ma, giunto a Berito, morì, senza aver visto la sua casa, secondo la profezia del santo. Tutto questo è stato raccontato a numerosi testimoni degni di fede dal figlio di lui, che si chiamava pure Vacato, dopo la morte del padre
Il padre Gelasio ereditò un giorno la cella e il terreno circostante da un anziano, anch'egli monaco, che abitava vicino a Nicopoli. Un parente del defunto, contadino di Vacato – che a quel tempo era governatore di Nicopoli di Palestina – si recò da Vacato con la pretesa di avere quel terreno che, a suo parere, gli spettava per legge. Questi, che era un violento, tentò di prendere con le proprie mani il terreno al padre Gelasio. Ma il padre Gelasio non acconsentiva, perché non voleva che una cella monastica fosse data a uno del mondo. Quando Vacato vide le bestie del padre Gelasio trasportare le olive del terreno da lui ereditato, le trascinò dietro a sé con violenza, portò le olive in casa sua, quindi rimandò con oltraggi le bestie e i loro conduttori. Il beato vecchio non reclamò alcun diritto sul raccolto, ma non cedette per nulla quanto al possesso del terreno, per la ragione che s'è detta. Infiammato d'ira, Vacato si diresse a Costantinopoli, spinto anche da altre questioni analoghe, perché era un uomo litigioso. Intraprese il viaggio a piedi e giunse vicino ad Antiochia, dove risplendeva un grande luminare, il santo Simeone1. Vacato, che era cristiano, sentì parlare di quest'uomo straordinario e fu preso dal desiderio di vederlo. Il santo Simeone, dalla colonna, lo vide giungere e, entrato subito in monastero2, gli chiese: «Donde vieni? E dove vai?». Egli disse: «Vengo dalla Palestina e vado a Costantinopoli». E l'altro a lui: «E per quale motivo?». «Per molti affari, gli disse Vacato, e spero, grazie alle preghiere della tua santità, di ritornare e baciare i tuoi santi piedi». «Sventurato! – gli disse il santo Simeone – non vuoi ammettere di esserti eretto contro l'uomo di Dio? Tu non farai buon viaggio, né rivedrai mai più la tua casa. Se vuoi seguire il mio consiglio, torna indietro, va' in fretta da lui, dimostragli il tuo pentimento, se mai tu riesca ad arrivare là vivo». Vacato, colto immediatamente da una forte febbre e trasportato in un lettuccio da coloro che l'accompagnavano, si affrettò, secondo le parole del santo Simeone, a tornare dal padre Gelasio, per chiedergli perdono. Ma, giunto a Berito, morì, senza aver visto la sua casa, secondo la profezia del santo. Tutto questo è stato raccontato a numerosi testimoni degni di fede dal figlio di lui, che si chiamava pure Vacato, dopo la morte del padre
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Note
1 È un anacoreta molto famoso, che, nella prima metà del V secolo, diede inizio a un nuovo tipo di vita ascetica: l'abitare su una colonna. Egli aveva trascorso 10 anni in un cenobio dimostrando una singolare chiamata a penitenze durissime. Dato il grande afflusso di gente che lo cercava, pensò di ritirarsi su una colonna, poi su un'altra ancora, poi su un'altra sempre più alta (30-35 metri circa). Molti lo accusavano di stravaganza. Dei monaci della zona gli mandarono un emissario con l'ordine di discendere dalla colonna, ed egli cominciò subito a scendere. Convinti allora della sua ubbidienza e disponibilità, lo lasciarono stare. Si racconta che morì colpito da un fulmine. Seguirono il suo esempio non pochi solitari, che furono chiamati «stiliti» dal termine greco stylos, colonna. L'iconografia ha amato rappresentare, non senza un certo humour, questi anziani appollaiati su una colonna.
2 Una grotta o altra abitazione vicina dove, molto di rado, Simeone scendeva per ricevere qualche ospite. Solitamente invece rivolgeva dalla colonna qualche breve esortazione spirituale.
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Fonte: L. Mortari, Vita e detti dei Padri del deserto, Città Nuova, ed. 2012