Il padre Pietro, discepolo del padre Lot, raccontò che si trovava un giorno nella cella del padre Agatone, quando un fratello venne a dirgli: «Voglio abitare insieme ad altri fratelli. Dimmi in che modo devo vivere con loro». L'anziano gli rispose: «In tutti i giorni della tua vita considerati straniero come il primo giorno in cui ti sei unito a loro, per non avere mai con essi troppa libertà»1. Il padre Macario gli chiede: «Ma che cosa fa questa libertà?». Gli dice l'anziano: «La troppa libertà è simile a un violento scirocco che, quando arriva, tutti lo fuggono e distrugge i frutti degli alberi». Il padre Macario gli dice ancora: «È dunque così nociva la troppa libertà?». E il padre Agatone: «Nessun'altra passione è più nociva della troppa libertà: è la madre di tutte le altre; il monaco operoso deve guardarsene, anche se vive solo nella sua cella»/bt_quote]
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Note
1 Il termine greco corrispondente, parrêsía, significa etimologicamente «dire tutto», cioè libertà di parola, e da qui confidenza, sicurezza, coraggio. È usato molte volte nel Nuovo Testamento, per lo più per indicare la confidenza dei santi davanti a Dio o la sicurezza, in lui e per lui, della predicazione apostolica. Negli apoftegmi si trova alcune volte in questo senso positivo (cf. Evagrio 1: «familiarità» con Dio Padre, il suo Cristo, gli angeli, i santi; Pambone 14: «accesso sicuro» davanti a Dio; Iperechio 8: «franchezza» di fronte al Crocifisso); ma altre volte il termine è usato, come qui, in senso negativo, nel senso di spavalderia, sfrontatezza, sicurezza di sé, indicando un atteggiamento del tutto contrario all'umiltà e alla delicatezza di chi dovrebbe sentirsi straniero e pellegrino – altro concetto che ritorna sovente –, quindi non libero di muoversi come a casa sua.
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Fonte: L. Mortari, Vita e detti dei Padri del deserto, Città Nuova, ed. 2012