Un fratello, tentato1 di vivere da solo, lo disse al padre Eraclio. Questi per confortarlo gli raccontò di un anziano che per anni ebbe con sé un discepolo molto obbediente, il quale un giorno, tentato, si inchinò dinanzi a lui e gli disse: «Fa' di me un monaco!»2. «Cercati un luogo, ti faremo una cella e diventerai monaco», gli dice l'anziano. Allontanatosi di un miglio, lo trovò, andarono colà e costruirono la cella. E il vecchio dice al fratello: «Fa' ciò che ti dico: quando hai fame, mangia; bevi, dormi: soltanto non uscire dalla tua cella fino a sabato. Allora vieni da me». I primi due giorni il fratello ubbidì al comando, ma il terzo, preso dallo sconforto, si disse: «Ma perché l'anziano non mi ha detto di pregare?». E, alzatosi, salmodiò parecchi salmi. Dopo il tramonto del sole, mangiò, poi si alzò e andò a stendersi sulla stuoia. Ma vi trovò steso un etiope3 che strideva i denti contro di lui. Preso da grande paura, corse dall'anziano e bussò alla porta dicendo: «Perdonami, padre, aprimi!». L'anziano, che sapeva come non avesse osservato la sua parola, non gli aprì fino al mattino; e al mattino, aprendo la porta, lo trovò fuori supplicante. Impietosito, lo fece entrare. «Ti prego, padre – disse il fratello –, ho trovato un negro etiope sulla mia stuoia quando sono andato per coricarmi». «Questo ti è accaduto – gli disse l'anziano – perché non hai osservato la mia parola». Quindi, dopo aver cercato per quanto poteva di fargli ben capire ciò che la vita solitaria richiede, lo congedò. E quegli in breve tempo divenne un buon monaco
Un fratello, tentato1 di vivere da solo, lo disse al padre Eraclio. Questi per confortarlo gli raccontò di un anziano che per anni ebbe con sé un discepolo molto obbediente, il quale un giorno, tentato, si inchinò dinanzi a lui e gli disse: «Fa' di me un monaco!»2. «Cercati un luogo, ti faremo una cella e diventerai monaco», gli dice l'anziano. Allontanatosi di un miglio, lo trovò, andarono colà e costruirono la cella. E il vecchio dice al fratello: «Fa' ciò che ti dico: quando hai fame, mangia; bevi, dormi: soltanto non uscire dalla tua cella fino a sabato. Allora vieni da me». I primi due giorni il fratello ubbidì al comando, ma il terzo, preso dallo sconforto, si disse: «Ma perché l'anziano non mi ha detto di pregare?». E, alzatosi, salmodiò parecchi salmi. Dopo il tramonto del sole, mangiò, poi si alzò e andò a stendersi sulla stuoia. Ma vi trovò steso un etiope3 che strideva i denti contro di lui. Preso da grande paura, corse dall'anziano e bussò alla porta dicendo: «Perdonami, padre, aprimi!». L'anziano, che sapeva come non avesse osservato la sua parola, non gli aprì fino al mattino; e al mattino, aprendo la porta, lo trovò fuori supplicante. Impietosito, lo fece entrare. «Ti prego, padre – disse il fratello –, ho trovato un negro etiope sulla mia stuoia quando sono andato per coricarmi». «Questo ti è accaduto – gli disse l'anziano – perché non hai osservato la mia parola». Quindi, dopo aver cercato per quanto poteva di fargli ben capire ciò che la vita solitaria richiede, lo congedò. E quegli in breve tempo divenne un buon monaco
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Note
1 Non ancora maturo, cioè, per la vita solitaria. Quindi il pensiero di tale vita non poteva essere una buona ispirazione, ma era una tentazione diabolica per confonderlo e fargli eludere gli obblighi della vita comune.
2 12 Il termine «monaco» è qui usato nel suo senso etimologico (da movnoı), di chi vive veramente da solo, non nell'accezione più diffusa di consacrato al Signore che può valere sia per la vita solitaria che per quella cenobitica. Analogamente, il termine monastero è usato talora per indicare in senso stretto l'abitazione di un solitario (vedi Motio 2).
3 La ragione di questo modo molto diffuso di rappresentare il demonio va cercata nella storia delle ultime dinastie faraoniche e nelle credenze tradizionali dell'Egitto: secondo queste, ogni nemico dell'Egitto, come tale, è personificazione del male e gli etiopi vennero assimilati allo spirito del male. La tradizione cristiana copta, come vediamo da molti esempi nella letteratura e nell'iconografia, ha ereditato questa simbologia, che sarà colorata ulteriormente di tinte razziste. La «negritudo» è vista come un elemento del peccato. Nell'Historia Monachorum (VIII, 3) s'incontra un anziano di nome Apollo che un giorno in cui era molto tormentato si mise una mano in testa e ne trasse fuori un piccolo etiope che gridava: «Io sono il demone dell'orgoglio!». Lo prese e lo seppellì per terra.
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Fonte: L. Mortari, Vita e detti dei Padri del deserto, Città Nuova, ed. 2012
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