Il padre Cronio disse che il padre Giuseppe di Pelusio aveva raccontato: «Quando ero al Sinai, vi era un fratello buono e asceta, e anche bello fisicamente. E veniva in chiesa per la liturgia con un vecchio mantello corto e stracciato. Vedendolo ogni volta venire così alla liturgia, gli dissi: – Fratello, non vedi che i fratelli in chiesa alla liturgia sono come angeli? Come mai tu vieni sempre qui con degli abiti così vecchi? – Perdonami, padre, egli disse, è perché non ne ho altri. Lo condussi allora nella mia cella, gli diedi una tunica e il resto di cui aveva bisogno. E da quel giorno si vestì come gli altri fratelli, e sembrava un angelo. Una volta avvenne che i padri dovettero inviare dieci fratelli dall'imperatore per una necessità. E scelsero anche lui per mandarlo con gli altri; ma egli, saputolo, si prostrò di fronte ai padri dicendo: – Perdonatemi in nome del Signore; io sono schiavo di uno di quei grandi di laggiù; se mi riconoscesse, mi toglierebbe l'abito e mi riprenderebbe al suo servizio. I padri, persuasi, non lo fecero partire. Seppero in seguito, da qualcuno che lo conosceva bene, che nel mondo era stato prefetto pretorio. Per questo aveva trovato quella scusa, per non essere riconosciuto e disturbato dalla gente. Tale era il desiderio dei padri, di fuggire la gloria e il sollievo di questo mondo»
Il padre Cronio disse che il padre Giuseppe di Pelusio aveva raccontato: «Quando ero al Sinai, vi era un fratello buono e asceta, e anche bello fisicamente. E veniva in chiesa per la liturgia con un vecchio mantello corto e stracciato. Vedendolo ogni volta venire così alla liturgia, gli dissi: – Fratello, non vedi che i fratelli in chiesa alla liturgia sono come angeli? Come mai tu vieni sempre qui con degli abiti così vecchi? – Perdonami, padre, egli disse, è perché non ne ho altri. Lo condussi allora nella mia cella, gli diedi una tunica e il resto di cui aveva bisogno. E da quel giorno si vestì come gli altri fratelli, e sembrava un angelo. Una volta avvenne che i padri dovettero inviare dieci fratelli dall'imperatore per una necessità. E scelsero anche lui per mandarlo con gli altri; ma egli, saputolo, si prostrò di fronte ai padri dicendo: – Perdonatemi in nome del Signore; io sono schiavo di uno di quei grandi di laggiù; se mi riconoscesse, mi toglierebbe l'abito e mi riprenderebbe al suo servizio. I padri, persuasi, non lo fecero partire. Seppero in seguito, da qualcuno che lo conosceva bene, che nel mondo era stato prefetto pretorio. Per questo aveva trovato quella scusa, per non essere riconosciuto e disturbato dalla gente. Tale era il desiderio dei padri, di fuggire la gloria e il sollievo di questo mondo»
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Fonte: L. Mortari, Vita e detti dei Padri del deserto, Città Nuova, ed. 2012