Il Digiuno dei Santi Apostoli è molto antico, risalente ai primi secoli del cristianesimo. Abbiamo, relative ad esso, le testimonianze di sant'Atanasio il Grande, di sant'Ambrogio di Milano, di san Leone Magno e di Teodoreto di Ciro. La più antica testimonianza relativa al Digiuno degli Apostoli ci è data da sant'Atanasio il Grande († 373). Nella sua lettera all'imperatore Costanzo, nel parlare della persecuzione dagli ariani, egli scrive: "Durante la settimana che segue la Pentecoste, la gente che osserva il digiuno è andata al cimitero a pregare"
Testimonianza Patristica relativa al Digiuno
"Il Signore così ha ordinato", dice sant'Ambrogio († 397), "che come abbiamo partecipato alle sue sofferenze durante i quaranta giorni, così dobbiamo anche gioire della sua Risurrezione durante il tempo della Pentecoste. Noi non digiuniamo durante il tempo di Pentecoste, dal momento che il nostro Signore stesso era presente in mezzo a noi in quei giorni ... La presenza di Cristo era come cibo nutriente per i cristiani. Così pure, durante la Pentecoste, ci nutriamo del Signore che è presente tra noi. Nei giorni seguenti la sua ascensione in cielo, tuttavia, abbiamo ancora una volta digiuno" (Sermone 61). Sant'Ambrogio basa questa pratica sulle parole di Gesù relative suoi discepoli nell'Evangelo di Matteo 9,14-15: "Possono gli invitati a nozze essere in lutto mentre lo sposo è con loro? Verranno i giorni, quando lo sposo sarà portato lontano da loro, e allora digiuneranno".
San Leone Magno († 461) dice: "Dopo la lunga festa di Pentecoste, il digiuno è particolarmente necessario per purificare i nostri pensieri e renderci degni di ricevere i doni del Santo Spirito ... Perciò, è stato stabilito il salutare uso di digiunare, dopo i gioiosi giorni in cui abbiamo celebrato la resurrezione e l'ascensione di nostro Signore, e la venuta del Santo Spirito''.
La pellegrina Egeria nel suo Diario (IV secolo) scrive che il giorno dopo la festa di Pentecoste, iniziò un periodo di digiuno. Le Costituzioni Apostoliche, opera non posteriore al quarto secolo, prescrivono: "Dopo la festa di Pentecoste, celebrare una settimana, poi si osservi un digiuno, perché la giustizia esige gioia dopo la ricezione dei doni di Dio e digiuno dopo che il corpo è stato rinfrescato".
Dalle testimonianze del IV secolo constatiamo che in Alessandria, Gerusalemme e Antiochia, il digiuno dei Santi Apostoli era collegato con la Pentecoste, e non con la festa degli Apostoli Pietro e Paolo il 29 giugno. Nei primi secoli, dopo la Pentecoste vi era una settimana di festa, che erano Giorni Privilegiati, seguita da circa una settimana di digiuno.
I canoni di Niceforo, patriarca di Costantinopoli (806-816), menzionano il Digiuno degli Apostoli. Il Typicon di San Teodoro Studita per il monastero di Studios a Costantinopoli parla del Digiuno di Quaranta Giorni dei Santi Apostoli. San Simeone di Tessalonica († 1429) spiega lo scopo di questo digiuno in questo modo: "Il Digiuno degli Apostoli è giustamente stabilito in loro onore, perché attraverso di loro abbiamo ricevuto numerosi benefici e per noi sono modelli e maestri del digiuno ... Per una settimana dopo la discesa del Santo Spirito, in conformità con la Costituzione Apostolica composta da Clemente, celebriamo, e poi durante la settimana successiva, digiuniamo in onore degli apostoli".
Durata del Digiuno
Il digiuno degli Apostoli è entrato nella prassi nella Chiesa, attraverso la consuetudine piuttosto che la legge. Per questo motivo per lungo tempo non vi è stata uniformità, sia nella sua osservanza che nella sua durata. Alcuni digiunavano dodici giorni, gli altri sei, altri ancora quattro, e altri solo un giorno. Teodoro Balsamo, patriarca di Antiochia († 1204), riguardo al Digiuno degli Apostoli, ha detto: "Tutti i fedeli, che siano laici o monaci, sono tenuti a digiunare sette giorni e più, e chi si rifiuta di farlo, sia scomunicato dalla comunità Cristiana".
Dall'opera Sulle Tre Quaresime di Digiuno, che è attribuita a un monaco della comunità monastica di Sant'Anastasio Sinaita (VI o VII secolo), apprendiamo che il Digiuno dei Santi Apostoli durava dalla prima Domenica dopo Pentecoste alla festa della Dormizione della Santissima Madre di Dio il 15 agosto. In seguito, però, il Digiuno della Dormizione è stato separato da esso e il mese di luglio è stato escluso dal Digiuno degli Apostoli. San Simeone di Tessalonica parla del Digiuno degli Apostoli della durata di una settimana.
Nella Chiesa Ortodossa il Digiuno dei Santi Apostoli dura dal giorno dopo la Domenica di Tutti i Santi al 29 giugno, festa degli Apostoli Pietro e Paolo. Questo digiuno può essere di durata più o meno lunga a seconda del giorno in cui è celebrata la Pasqua. Secondo il Vecchio Calendario potrebbe durare da un minimo di 8 giorni a ben 42 giorni a seconda della data di Pasqua, ma è ridotto dal Nuovo Calendario che a volte cancella il digiuno del tutto. Se la festa di Pasqua cade presto, il Digiuno degli Apostoli è più lungo, se Pasqua cade tardi, allora il Digiuno degli Apostoli è più breve.
Prescrizioni per il digiuno
Il digiuno degli Apostoli è un po' più mite rispetto Grande Digiuno prima della Santa Settimana e della Pasqua. Il Metropolita di Kiev Giorgio (1069-1072) ha approvato la Regola per il Monastero delle Grotte di Kiev che non consente che siano mangiati carne o latticini durante il Digiuno degli Apostoli. Al Mercoledì e al Venerdì prescriveva cibo secco, cioè pane e acqua o frutta secca. Al Martedì, Giovedi, Sabato e Domenica sono permessi pesce, vino e olio. Oltre a questo, hanno ordinato che vengano compiute quotidianamente un centinaio di prostrazioni (inchini profondi fino a terra), tranne Sabato, Domenica e nei giorni festivi (la festa della Natività di Giovanni Battista che cade il 23 giugno ove è consentito pesce, olio e vino, non importa il giorno). Questa regola è stata trasmessa in Russia attraverso il Monastero delle Grotte di Kiev che ha basato la propria regola su quella del monastero di Studios a Costantinopoli. Si può quindi presumere che questa era la regola per il Digiuno praticata sia dall'Impero Romano che dall'Impero Russo. Questa è la regola praticata ancora oggi con possibili lievi variazioni tra le giurisdizioni.