Dicevano che il padre Gelasio era spesso disturbato dal pensiero di ritirarsi nel deserto. Disse un giorno al suo discepolo: «Fammi la carità, fratello, qualsiasi cosa io faccia questa settimana, sopporta e non dirmi nulla». Prese quindi un bastone di albero di palma e cominciò a camminare avanti e indietro nel suo cortiletto1. Quando era stanco, si sedeva un poco, per poi alzarsi e riprendere a camminare. Venuta la sera, disse al suo pensiero: «Chi erra nel deserto, non mangia pane ma erbaggi; ma tu, per la tua debolezza, mangia un po' di verdura». Così fatto, disse ancora al suo pensiero: «Chi sta nel deserto, non dorme sotto un tetto, ma all'aperto; fa' dunque altrettanto». E si coricò a dormire nel cortile. Dopo tre giorni, trascorsi camminando nel suo eremitaggio, mangiando la sera un po' di insalata e dormendo all'aperto, era molto stanco. Rampognò2 allora il pensiero che lo disturbava, confutandolo con queste parole: «Se non puoi condurre la vita del deserto, rimani con pazienza nella tua cella a piangere i tuoi peccati e non andartene in giro, poiché l'occhio di Dio vede sempre le opere dell'uomo, nulla gli sfugge, e conosce chi compie il bene»3
Dicevano che il padre Gelasio era spesso disturbato dal pensiero di ritirarsi nel deserto. Disse un giorno al suo discepolo: «Fammi la carità, fratello, qualsiasi cosa io faccia questa settimana, sopporta e non dirmi nulla». Prese quindi un bastone di albero di palma e cominciò a camminare avanti e indietro nel suo cortiletto1. Quando era stanco, si sedeva un poco, per poi alzarsi e riprendere a camminare. Venuta la sera, disse al suo pensiero: «Chi erra nel deserto, non mangia pane ma erbaggi; ma tu, per la tua debolezza, mangia un po' di verdura». Così fatto, disse ancora al suo pensiero: «Chi sta nel deserto, non dorme sotto un tetto, ma all'aperto; fa' dunque altrettanto». E si coricò a dormire nel cortile. Dopo tre giorni, trascorsi camminando nel suo eremitaggio, mangiando la sera un po' di insalata e dormendo all'aperto, era molto stanco. Rampognò2 allora il pensiero che lo disturbava, confutandolo con queste parole: «Se non puoi condurre la vita del deserto, rimani con pazienza nella tua cella a piangere i tuoi peccati e non andartene in giro, poiché l'occhio di Dio vede sempre le opere dell'uomo, nulla gli sfugge, e conosce chi compie il bene»3
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Note
1 La cella di un anacoreta era per lo più circondata da un piccolo cortile cinto da un muretto, chiuso da un cancello o una porta; i visitatori dovevano quindi fermarsi al di là del cortile. Per questo è usata a volte un'espressione che altrimenti non si capirebbe: «l'anziano uscì ad aprire» (cf. Teodoro di Ferme 28; Giovanni Nano 30; Nicone). Questo muretto era di un'altezza tale da separare dall'ambiente circostante la zona dove viveva un anziano. Anche quando le celle erano vicine, per esempio cavità naturali nello stesso blocco roccioso, i monaci cercavano di costruire o adattare intorno alla cella questo cortiletto, in modo che l'uno uscendo non vedesse e non fosse visto dall'altro. Nei reperti archeologici si trovano ancora dei sassi accanto all'ingresso di una grotta, che corrispondono a un pezzo del suo recinto esterno.
2 Questo è un caso tipico in cui il pensiero, il logismós, è come personificato (cf. Zenone 6; Teodoro di Ennaton 2; Macario 2; Matoes 9, ecc.). Il verbo epitimàô, rampognare, sgridare, reprimere, viene usato nella Scrittura soprattutto per indicare la lotta contro il Satana: cf. Zc 3, 2; Mc 1, 25; Gd 9, e contro tutte le forze mosse dalla sua potenza: cf. Mt 8, 26; Lc 4, 39, ecc.
3 Cf. Gb 34, 21 e Sal 32, 13-15, mirabilmente fusi in questa frase.
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Fonte: L. Mortari, Vita e detti dei Padri del deserto, Città Nuova, ed. 2012