Raccontavano che il padre Amoe, dopo aver cotto cinquanta artabe1 di pane, perché venissero usate man mano che fosse necessario, le mise al sole. Ma, prima che fossero ben secche, trovò in quel luogo qualcosa che non gli giovava, e disse ai suoi discepoli: «Andiamo via di qua». Ma essi si rattristarono molto. Vedendoli molto rattristati, disse loro: «Vi rincresce per i pani? Vi assicuro che ho visto alcuni fuggire lasciando le finestre verniciate di fresco con dentro rotoli di pergamena2. E non chiusero nemmeno le porte, ma se ne andarono lasciandole aperte»
Raccontavano che il padre Amoe, dopo aver cotto cinquanta artabe1 di pane, perché venissero usate man mano che fosse necessario, le mise al sole. Ma, prima che fossero ben secche, trovò in quel luogo qualcosa che non gli giovava, e disse ai suoi discepoli: «Andiamo via di qua». Ma essi si rattristarono molto. Vedendoli molto rattristati, disse loro: «Vi rincresce per i pani? Vi assicuro che ho visto alcuni fuggire lasciando le finestre verniciate di fresco con dentro rotoli di pergamena2. E non chiusero nemmeno le porte, ma se ne andarono lasciandole aperte»
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Note
1 L'artaba è un'unità di misura egiziana equivalente a più di cinquanta chilogrammi. Per esigenze di povertà e di risparmio di tempo e per amore della mortificazione, cuocevano in una volta sola una così grande quantità di pane, cioè più di venticinque quintali, lo mettevano a seccare al sole perché non ammuffisse, e mangiavano sempre pane secco.
2 99 Chiamavano «finestre» anche le nicchie delle grotte che servivano loro da scaffali. Tali nicchie erano o naturali, o in parte modificate, o interamente scavate da loro. Quest'episodio è analogo a quello di Agatone 6, che la serie sistematica colloca nel capitolo sul «dominio di sé».
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Fonte: L. Mortari, Vita e detti dei Padri del deserto, Città Nuova, ed. 2012