Si fece monaco a Scete un tale di nome Carione. Aveva due figli, che lasciò alla moglie quando si ritirò dal mondo. Dopo qualche tempo scoppiò in Egitto una carestia. La moglie, ridotta alle strette, venne a Scete con i due fanciulli, un maschio di nome Zaccaria e una femmina. E si sedette lontano dall'anziano, nella bassura – vi è infatti una bassura a Scete, dove si trovano le chiese e anche le fonti di acqua –. È costume a Scete che, se una donna viene a parlare con suo fratello o con qualche altro parente, essi si parlino stando seduti lontani l'uno dall'altra. «Ecco – disse la donna al padre Carione –, tu sei diventato monaco e c'è la carestia. Chi nutre ora i tuoi figli?». «Mandameli qui», le dice il padre Carione. «Andate da vostro padre», dice loro la donna. Mentre stavano andando verso il padre, la femmina tornò indietro dalla mamma, il maschio invece venne da suo padre. Egli allora le dice: «È bene come è avvenuto; prendi la femmina e va', io tengo il maschio». Lo allevò quindi a Scete, e tutti sapevano che era suo figlio. Quando ebbe una certa età, i fratelli mormorarono su di lui1. Saputolo, il padre Carione disse a suo figlio: «Alzati, Zaccaria, andiamocene da qui, perché i padri mormorano». «Padre – dice a lui il ragazzo –, qui tutti sanno che sono tuo figlio, ma se andiamo in un altro luogo non potranno dire che sono tuo figlio». «Alzati, andiamocene da qui!»2, ripeté l'anziano. Andarono nella Tebaide, dove, occupata una cella, rimasero alcuni giorni, finché anche lì si levò la stessa mormorazione sul fanciullo. Il padre disse allora: «Zaccaria, alzati, andiamo a Scete». Giunti a Scete e trascorsi pochi giorni, ricominciò la stessa mormorazione su di lui. Il fanciullo Zaccaria si recò allora allo stagno di nitro, si svestì e vi discese fino al naso. Vi rimase parecchio tempo, finché poté resistere, e il suo corpo ne fu deturpato come quello di un lebbroso. Risalito dallo stagno, indossò i suoi vestiti e andò dal padre, che lo riconobbe a stento. Quando si recò come di solito alla santa comunione, fu rivelato al presbitero di Scete, il santo Isidoro, che cosa aveva fatto. Lo guardò con stupore e disse: «Il fanciullo Zaccaria domenica scorsa è venuto e si è comunicato da uomo; ma ora è divenuto come un angelo»3
Si fece monaco a Scete un tale di nome Carione. Aveva due figli, che lasciò alla moglie quando si ritirò dal mondo. Dopo qualche tempo scoppiò in Egitto una carestia. La moglie, ridotta alle strette, venne a Scete con i due fanciulli, un maschio di nome Zaccaria e una femmina. E si sedette lontano dall'anziano, nella bassura – vi è infatti una bassura a Scete, dove si trovano le chiese e anche le fonti di acqua –. È costume a Scete che, se una donna viene a parlare con suo fratello o con qualche altro parente, essi si parlino stando seduti lontani l'uno dall'altra. «Ecco – disse la donna al padre Carione –, tu sei diventato monaco e c'è la carestia. Chi nutre ora i tuoi figli?». «Mandameli qui», le dice il padre Carione. «Andate da vostro padre», dice loro la donna. Mentre stavano andando verso il padre, la femmina tornò indietro dalla mamma, il maschio invece venne da suo padre. Egli allora le dice: «È bene come è avvenuto; prendi la femmina e va', io tengo il maschio». Lo allevò quindi a Scete, e tutti sapevano che era suo figlio. Quando ebbe una certa età, i fratelli mormorarono su di lui1. Saputolo, il padre Carione disse a suo figlio: «Alzati, Zaccaria, andiamocene da qui, perché i padri mormorano». «Padre – dice a lui il ragazzo –, qui tutti sanno che sono tuo figlio, ma se andiamo in un altro luogo non potranno dire che sono tuo figlio». «Alzati, andiamocene da qui!»2, ripeté l'anziano. Andarono nella Tebaide, dove, occupata una cella, rimasero alcuni giorni, finché anche lì si levò la stessa mormorazione sul fanciullo. Il padre disse allora: «Zaccaria, alzati, andiamo a Scete». Giunti a Scete e trascorsi pochi giorni, ricominciò la stessa mormorazione su di lui. Il fanciullo Zaccaria si recò allora allo stagno di nitro, si svestì e vi discese fino al naso. Vi rimase parecchio tempo, finché poté resistere, e il suo corpo ne fu deturpato come quello di un lebbroso. Risalito dallo stagno, indossò i suoi vestiti e andò dal padre, che lo riconobbe a stento. Quando si recò come di solito alla santa comunione, fu rivelato al presbitero di Scete, il santo Isidoro, che cosa aveva fatto. Lo guardò con stupore e disse: «Il fanciullo Zaccaria domenica scorsa è venuto e si è comunicato da uomo; ma ora è divenuto come un angelo»3
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