Gn 43, 26-31; 45, 1-16; Prv 21, 23-22, 4

Trinita di Rublev 1

 

Quando Giuseppe arrivò a casa, gli presentarono il dono, che avevano con sé, e si prostrarono davanti a lui con la faccia a terra. Egli domandò loro come stavano e disse: «Sta bene il vostro vecchio padre, di cui mi avete parlato? Vive ancora?». Risposero: «Il tuo servo, nostro padre, sta bene, è ancora vivo» e si inginocchiarono prostrandosi. Egli alzò gli occhi e guardò Beniamino, suo fratello, il figlio di sua madre, e disse: «E' questo il vostro fratello più giovane, di cui mi avete parlato?» e aggiunse: «Dio ti conceda grazia, figlio mio!». Giuseppe uscì in fretta, perché si era commosso nell'intimo alla presenza di suo fratello e sentiva il bisogno di piangere; entrò nella sua camera e pianse. Poi si lavò la faccia, uscì e, facendosi forza, ordinò: «Servite il pasto».

Allora Giuseppe non potè più contenersi dinanzi ai circostanti e gridò: «Fate uscire tutti dalla mia presenza!». Così non restò nessuno presso di lui, mentre Giuseppe si faceva conoscere ai suoi fratelli. Ma diede in un grido di pianto e tutti gli Egiziani lo sentirono e la cosa fu risaputa nella casa del faraone. Giuseppe disse ai fratelli: «Io sono Giuseppe! Vive ancora mio padre?». Ma i suoi fratelli non potevano rispondergli, perché atterriti dalla sua presenza. Allora Giuseppe disse ai fratelli: «Avvicinatevi a me!». Si avvicinarono e disse loro: «Io sono Giuseppe, il vostro fratello, che voi avete venduto per l'Egitto. Ma ora non vi rattristate e non vi crucciate per avermi venduto quaggiù, perché Dio mi ha mandato qui prima di voi per conservarvi in vita. Perché gia da due anni vi è la carestia nel paese e ancora per cinque anni non vi sarà né aratura né mietitura. Dio mi ha mandato qui prima di voi, per assicurare a voi la sopravvivenza nel paese e per salvare in voi la vita di molta gente. Dunque non siete stati voi a mandarmi qui, ma Dio ed Egli mi ha stabilito padre per il faraone, signore su tutta la sua casa e governatore di tutto il paese d'Egitto. Affrettatevi a salire da mio padre e ditegli: Dice il tuo figlio Giuseppe: Dio mi ha stabilito signore di tutto l'Egitto. Vieni quaggiù presso di me e non tardare. Abiterai nel paese di Gosen e starai vicino a me tu, i tuoi figli e i figli dei tuoi figli, i tuoi greggi e i tuoi armenti e tutti i tuoi averi. Là io ti darò sostentamento, poiché la carestia durerà ancora cinque anni, e non cadrai nell'indigenza tu, la tua famiglia e quanto possiedi. Ed ecco, i vostri occhi lo vedono e lo vedono gli occhi di mio fratello Beniamino: è la mia bocca che vi parla! Riferite a mio padre tutta la gloria che io ho in Egitto e quanto avete visto; affrettatevi a condurre quaggiù mio padre». Allora egli si gettò al collo di Beniamino e pianse. Anche Beniamino piangeva stretto al suo collo. Poi baciò tutti i fratelli e pianse stringendoli a sé. Dopo, i suoi fratelli si misero a conversare con lui.

Intanto nella casa del faraone si era diffusa la voce: «Sono venuti i fratelli di Giuseppe!» e questo fece piacere al faraone e ai suoi ministri. [Genesi 43, 26-31; 45, 1-16] 

 

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salomone3

 

Chi custodisce la bocca e la lingua preserva se stesso dai dispiaceri. Il superbo arrogante si chiama beffardo, egli agisce nell'eccesso dell'insolenza. I desideri del pigro lo portano alla morte, perché le sue mani rifiutano di lavorare. Tutta la vita l'empio indulge alla cupidigia, mentre il giusto dona senza risparmiare. Il sacrificio degli empi è un abominio, tanto più se offerto con cattiva intenzione. Il falso testimone perirà, ma l'uomo che ascolta potrà parlare sempre. L'empio assume un'aria sfrontata, l'uomo retto controlla la propria condotta. Non c'è sapienza, non c'è prudenza, non c'è consiglio di fronte al Signore. Il cavallo è pronto per il giorno della battaglia, ma al Signore appartiene la vittoria. Un buon nome val più di grandi ricchezze e la benevolenza altrui più dell'argento e dell'oro. Il ricco e il povero si incontrano, il Signore ha creato l'uno e l'altro. L'accorto vede il pericolo e si nasconde, gli inesperti vanno avanti e la pagano. Frutti dell'umiltà sono il timore di Dio, la ricchezza, l'onore e la vita. [Proverbi 21, 23-22, 4]

 

Nota di redazione sulle Letture del giornoLe Letture del giorno pubblicate seguono il Calendario giuliano ecclesiastico.

 

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