Raccontavano a Scete di un certo padre Apollo, che era un pastore molto incolto. Un giorno incontrò nei campi una donna incinta e, spinto dal diavolo, si disse: «Voglio vedere come giace un bimbo nel seno materno». Le squarciò il ventre e lo vide, ma subito il suo cuore lo rimproverò duramente. Preso da compunzione, venne a Scete per riferire ai padri quel che aveva fatto. Li udì mentre salmodiavano: «Settanta sono gli anni della nostra vita, e, se [siamo] in forze, ottanta, ma la maggior parte di essi [è] fatica e affanno»1. Egli disse loro: «Ecco, io ho quarant'anni e finora non ho mai pregato, ma, se vivrò altri quarant'anni, non cesserò di pregare Dio, perché mi perdoni i miei peccati». E non fece più lavoro manuale, ma pregava sempre dicendo: «Io ho peccato, perché sono uomo, ma tu che sei Dio, perdonami!»2. E questa preghiera divenne la sua meditazione giorno e notte3. Un fratello che abitava con lui lo udì mentre diceva: «Signore, ti ho offeso, perdonami, perché io possa un poco aver quiete». E gli venne la certezza che il Signore gli aveva perdonato tutti i suoi peccati, anche quello della donna. Quanto al bambino, il fratello non ricevette nessuna certezza. Ma uno degli anziani gli disse: «Dio ti ha perdonato anche il fatto del bambino, ti lascia però nella sofferenza, perché giova all'anima tua»
Raccontavano a Scete di un certo padre Apollo, che era un pastore molto incolto. Un giorno incontrò nei campi una donna incinta e, spinto dal diavolo, si disse: «Voglio vedere come giace un bimbo nel seno materno». Le squarciò il ventre e lo vide, ma subito il suo cuore lo rimproverò duramente. Preso da compunzione, venne a Scete per riferire ai padri quel che aveva fatto. Li udì mentre salmodiavano: «Settanta sono gli anni della nostra vita, e, se [siamo] in forze, ottanta, ma la maggior parte di essi [è] fatica e affanno»1. Egli disse loro: «Ecco, io ho quarant'anni e finora non ho mai pregato, ma, se vivrò altri quarant'anni, non cesserò di pregare Dio, perché mi perdoni i miei peccati». E non fece più lavoro manuale, ma pregava sempre dicendo: «Io ho peccato, perché sono uomo, ma tu che sei Dio, perdonami!»2. E questa preghiera divenne la sua meditazione giorno e notte3. Un fratello che abitava con lui lo udì mentre diceva: «Signore, ti ho offeso, perdonami, perché io possa un poco aver quiete». E gli venne la certezza che il Signore gli aveva perdonato tutti i suoi peccati, anche quello della donna. Quanto al bambino, il fratello non ricevette nessuna certezza. Ma uno degli anziani gli disse: «Dio ti ha perdonato anche il fatto del bambino, ti lascia però nella sofferenza, perché giova all'anima tua»
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Note
1 Sal 89, 10.
2 La supplica assidua e costante della misericordia di Dio è comune, ovviamente, a tutta la tradizione cristiana (e non solo a chi ha commesso un peccato oggettivamente così grave, ma ad ognuno che si vede con verità davanti a Dio nella sua realtà di peccatore), ma è caratteristica in modo peculiare della tradizione monastica orientale. Essa ha congiunto l'insegnamento dell'Apostolo a pregare senza interruzione (1 Ts 5, 17) con l'esempio del pubblicano che prega nel tempio (Lc 18, 13; cf. Introd., p. 31); animata dalla fede nella potenza salvifica del Nome del Signore Gesù (At 2, 21 e par.), ha incentrato attorno all'invocazione del Nome la richiesta continua di perdono. Le formule più abituali di questa preghiera sono: «Signore Gesù Cristo, pietà di me», «Signore Gesù Cristo Figlio di Dio, pietà di me peccatore», o simili (cf. PJ V, 32). C'è evidentemente un'interdipendenza reciproca fra la memoria di Dio (cf. nota 42, p. 383) e lo sgorgare continuo dall'anima di questa preghiera: il ricordo di Dio la suscita, ed essa, a sua volta, imprime sempre più profondamente nell'anima il ricordo del Signore e la potenza del suo Nome, che vince ogni assalto del nemico e caccia ogni pensiero estraneo. Nell'abbazia di Chévetogne, in Belgio, dal Colloquio dell'ottobre 1974, fra gli studi sugli apoftegmi che si sono moltiplicati, è stato dato giustamente grande spazio alla "preghiera di Gesù": «On sait, d'autre part, que les premières attestations concernant la prière continuelle monológistos viennent justement de Scete». E Lanne presenta la traduzione di diverse preghiere edite per ogni giorno della settimana, contenenti in varie forme la "preghiera di Gesù": Irénikon 1977, pp. 163-203.
3 Cf. Sal 1, 2.
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Fonte: L. Mortari, Vita e detti dei Padri del deserto, Città Nuova, ed. 2012