Un giorno il padre Longino interrogò il padre Lucio su tre pensieri. Disse: «Desidero farmi straniero»1. Gli dice: «Se non sai trattenere la lingua, non sarai straniero dovunque tu vada. Trattieni qui la tua lingua e sarai straniero». «Desidero digiunare», gli dice ancora. L'anziano rispose: «Dice il profeta Isaia: – Se ti pieghi come un anello e come un giunco fai il tuo collo, neppur questo sarà chiamato digiuno gradito2. Domina piuttosto i pensieri cattivi». Gli dice quindi per la terza volta: «Desidero fuggire gli uomini». Rispose l'anziano: «Se prima non riesci a spuntarla con gli uomini, non riuscirai a spuntarla neppure nella solitudine»
Un giorno il padre Longino interrogò il padre Lucio su tre pensieri. Disse: «Desidero farmi straniero»1. Gli dice: «Se non sai trattenere la lingua, non sarai straniero dovunque tu vada. Trattieni qui la tua lingua e sarai straniero». «Desidero digiunare», gli dice ancora. L'anziano rispose: «Dice il profeta Isaia: – Se ti pieghi come un anello e come un giunco fai il tuo collo, neppur questo sarà chiamato digiuno gradito2. Domina piuttosto i pensieri cattivi». Gli dice quindi per la terza volta: «Desidero fuggire gli uomini». Rispose l'anziano: «Se prima non riesci a spuntarla con gli uomini, non riuscirai a spuntarla neppure nella solitudine»
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Note
1 L'«estraneità» (= xeniteía) è una delle categorie fondamentali della tradizione monastica. Molti apoftegmi la puntualizzano. Giovanni Climaco ne parla nelle prime pagine della Scala del Paradiso, dedicando ad essa l'intero capitolo terzo. Come per tanti altri temi, egli ordina in una sintesi organica quanto troviamo sparso qua e là negli apoftegmi e in altre fonti a lui anteriori. La dottrina dell'estraneità ha un fondamento cristocentrico ben preciso, poiché il Cristo dai cieli, dal seno del Padre, si è fatto straniero per noi sulla terra. Fa parte del risalire, come per l'ubbidienza e la disubbidienza, la via di Adamo ed Eva cacciati dal Paradiso (cf. Introd., pp. 42-45). Il capitolo di Climaco si apre con questa definizione (III, 10): «Estraneità è l'abbandono di tutto ciò che è nella nostra patria, che ci ostacola nel perseguire la pietà» (cf. Evagrio 7). «Estraneità è un costume senza parresia (cf. Agatone 1)... vita nascosta... proposito di amore di Dio... profondità di silenzio». E ancora (III, 12): «Straniero è colui che sta in mezzo a genti di altra lingua come se non ne intendesse il linguaggio pur conoscendolo» (cf. Titoes 2). Vedi anche Ammone 4, Andrea e passim. Il padre Pisto dà una definizione molto precisa: «In qualsiasi luogo tu vada, di': "Non mi riguarda", questo è vivere da stranieri». Farsi anche materialmente stranieri in mezzo a genti di lingua, cultura, mentalità, costumi diversi dai nostri è un modo di mettersi più radicalmente nelle mani del Signore e di sperare di essere afferrati più totalmente dal suo amore.
2 Cf. Is 58, 5.
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Fonte: L. Mortari, Vita e detti dei Padri del deserto, Città Nuova, ed. 2012