ratelli, soltanto però comportatevi da cittadini degni del vangelo, perché nel caso che io venga e vi veda o che di lontano senta parlare di voi, sappia che state saldi in un solo spirito e che combattete unanimi per la fede del vangelo, senza lasciarvi intimidire in nulla dagli avversari. Questo è per loro un presagio di perdizione, per voi invece di salvezza, e ciò da parte di Dio; perché a voi è stata concessa la grazia non solo di credere in Cristo; ma anche di soffrire per lui, sostenendo la stessa lotta che mi avete veduto sostenere e che ora sentite dire che io sostengo.
Se c'è pertanto qualche consolazione in Cristo, se c'è conforto derivante dalla carità, se c'è qualche comunanza di spirito, se ci sono sentimenti di amore e di compassione, rendete piena la mia gioia con l'unione dei vostri spiriti, con la stessa carità, con i medesimi sentimenti. Non fate nulla per spirito di rivalità o per vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso, senza cercare il proprio interesse, ma anche quello degli altri.
n quei giorni Paolo li aspettava in Atene e il suo animo era sdegnato vedendo che la città era piena di ìdoli. Discuteva dunque nella sinagoga con i Giudei e con i timorati di Dio, e ogni giorno anche con quelli che capitavano nell’agorà. C’erano anche epicurei e stoici che parlavano con lui, e alcuni dicevano: “Che vuole dire questo semina-parole?” Altri: “Sembra un predicatore di divinità straniere”, perché evangelizzava loro Gesù e la risurrezione. Allora lo accompagnarono all'Ariòpago e dissero: “Possiamo sapere che è questa novità che tu chiami dottrina? Cose strane ci metti all’orecchio; vogliamo dunque conoscere di che cosa si tratta”. Tutti gli Ateniesi infatti e i forestieri colà residenti non avevano passatempo più gradito che parlare e ascoltare le ultime novità. Allora Paolo si mise in mezzo all'Ariòpago e disse: “Uomini di Atene, vedo che in tutto siete i più timorati di Dio. Passando infatti e osservando i vostri monumenti sacri, ho trovato anche un altare con l'iscrizione: Al dio ignoto. Quello che voi adorate senza conoscere, io ve lo annunzio. Il Dio che ha fatto il mondo e tutto ciò che contiene, che è Signore del cielo e della terra, non dimora in templi costruiti dalle mani dell'uomo né dalle mani dell'uomo si lascia servire come se avesse bisogno di qualche cosa, essendo lui che dà a tutti la vita e il respiro e ogni cosa. Egli da uno solo ha fatto abitare su tutta la faccia della terra tutte le stirpi degli uomini. Per essi ha stabilito l'ordine dei tempi e i confini del loro spazio, perché cercassero Dio, se mai arrivino a trovarlo andando tentoni, benché non sia lontano da ciascuno di noi. In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo, come anche alcuni dei vostri poeti hanno detto: Di lui noi siamo stirpe. Essendo dunque stirpe di Dio, non dobbiamo pensare che la divinità sia simile a oro, argento o pietra, che porti l’impronta dell’arte e dell’immaginazione dell’uomo. Ora Dio, passando sopra ai tempi dell’ignoranza, ordina agli uomini che tutti, e dappertutto, si convertano, poiché ha stabilito un giorno nel quale dovrà giudicare il mondo con giustizia, per mezzo d’un uomo che ha designato, accreditandolo di fronte a tutti, col risuscitarlo dai morti”. Quando sentirono parlare di risurrezione di morti, alcuni lo canzonarono, altri dicevano: “Su questo ti sentiremo un’altra volta”. Così Paolo se ne uscì di mezzo a loro. Ma alcuni aderirono a lui e abbracciarono la fede; tra essi Dionigi l’Ariopaghita, una donna di nome Dhàmaris e altri con loro. [Ariopaghìta]
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Nota di redazione sulle Letture del giornoLe Letture del giorno pubblicate seguono il Calendario giuliano ecclesiastico.