Questa è una delle domande che mi sono state poste con maggior frequenza negli anni, e in certi casi quasi con indignazione. Temo però che pochi di quelli che si sentono frustrati per la mancanza di una Bibbia ortodossa in italiano si siano dati la briga di chiedersi cosa sia necessario per la produzione di massa di una simile edizione.
Questa è una delle domande che mi sono state poste con maggior frequenza negli anni, e in certi casi quasi con indignazione. Temo però che pochi di quelli che si sentono frustrati per la mancanza di una Bibbia ortodossa in italiano si siano dati la briga di chiedersi cosa sia necessario per la produzione di massa di una simile edizione.
L’edizione di una Bibbia è una misura dello stato di sviluppo della Chiesa che la produce. Ovviamente, la massa stessa dei libri delle Sacre Scritture, e dei differenti stili di scrittura delle parti (dalle narrazioni ai componimenti poetici, dalle cronache ai canti, e così via) richiede una squadra di traduttori che devono al tempo stesso essere competenti nelle lingue di provenienza dei testi biblici e saldi nella loro visione ecclesiale. Certo, ci si può appoggiare a traduzioni preesistenti (questo lo si fa già in generale da molti secoli), ma in tal caso occorre competenza verso quelle traduzioni e i loro aspetti più o meno discutibili, e capacità di offrire valide alternative. Nella nostra epoca marcata dalla gelosia dei diritti d’autore, anche usare traduzioni precedenti può risultare controverso.
Inoltre, occorrono infrastrutture tali da permettere la stampa e la distribuzione in massa delle Bibbie. Quest’ultimo aspetto fa sì che in Italia solo la Chiesa cattolica e alcune minoranze protestanti possano permettersi una Bibbia di propria produzione. Per i protestanti, più che di forza delle infrastrutture, si può parlare della loro selettività: vista la centralità della Bibbia nel loro approccio, sono giustificati gli investimenti prioritari nella produzione di Bibbie. Nel caso della minoranza ortodossa, invece, le già scarse risorse sono distribuite in numerosi campi, ed è davvero difficile che si giunga a un budget sufficiente ad avviare la pubblicazione. Non è una coincidenza che perfino negli Stati Uniti, con uno sviluppo di infrastrutture ortodosse almeno un secolo avanti a quello dell’Italia, si sia giunti a una prima Bibbia ortodossa in inglese (all’inizio, appena un Nuovo Testamento con i Salmi) solo nel 1993, e anche questa versione è frutto della collaborazione con i detentori del copyright di una versione protestante della Bibbia, la New King James.
Quando ci sarà una Bibbia ortodossa in italiano (e non tratteniamo il fiato ad aspettarla...), prepariamoci a una serie di scelte editoriali che potranno suscitare più critiche che approvazione. Per non fare che un esempio, ci sono alcune variazioni minori nel canone dell’Antico Testamento nelle tradizioni greca, slavonica e georgiana (per un elenco preciso, osservate le rispettive colonne nella tabella in calce a questa pagina: https://en.wikipedia.org/wiki/Biblical_canon ), ed è difficile che una versione italiana che si basi su una di queste tradizioni voglia seguire anche il canone delle altre.
Infine, non perdiamo di vista il ruolo preponderante che hanno le Sacre Scritture nel lezionario della Chiesa ortodossa e nel vasto corpo della sua innografia: è più facile che si veda una richiesta di traduzioni bibliche uniformi a partire dalle versioni di questi testi liturgici (che tuttavia non fanno uso di alcuni libri del canone biblico, tra i quali l’Apocalisse di san Giovanni), e che solo in un secondo tempo tali traduzioni si sviluppino in nuove versioni ortodosse della Bibbia.
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