Il padre Poemen chiese al padre Giuseppe: «Che devo fare all'avvicinarsi delle passioni? Devo resistere, o lasciarle entrare?». L'anziano gli disse: «Lasciale entrare e combattile». L'altro ritornò a Scete e vi rimase. Giunse intanto a Scete uno della Tebaide, e raccontò ai fratelli di avere chiesto al padre Giuseppe: «All'avvicinarsi delle passioni, devo resistere o lasciarle entrare?», e che egli aveva risposto: «Non lasciarle entrare affatto, ma tagliale subito via!». All'udire che il padre Giuseppe aveva risposto così al fratello della Tebaide, il padre Poemen ritornò da lui a Panefisi e gli disse: «Padre, io ti ho confidato i miei pensieri, ed ecco, a me hai detto una cosa e al fratello della Tebaide ne hai detta un'altra!». L'anziano gli disse: «Non sai che ti amo?». Disse: «Sì». «Non mi avevi chiesto di parlarti come a me stesso?». «Certo». «Se tu dunque permetti alle passioni di entrare e le domini, esse ti rendono più provato; ti ho parlato come a me stesso; vi sono invece altri ai quali non giova che le passioni si avvicinino, ma devono cacciarle immediatamente»1
Il padre Poemen chiese al padre Giuseppe: «Che devo fare all'avvicinarsi delle passioni? Devo resistere, o lasciarle entrare?». L'anziano gli disse: «Lasciale entrare e combattile». L'altro ritornò a Scete e vi rimase. Giunse intanto a Scete uno della Tebaide, e raccontò ai fratelli di avere chiesto al padre Giuseppe: «All'avvicinarsi delle passioni, devo resistere o lasciarle entrare?», e che egli aveva risposto: «Non lasciarle entrare affatto, ma tagliale subito via!». All'udire che il padre Giuseppe aveva risposto così al fratello della Tebaide, il padre Poemen ritornò da lui a Panefisi e gli disse: «Padre, io ti ho confidato i miei pensieri, ed ecco, a me hai detto una cosa e al fratello della Tebaide ne hai detta un'altra!». L'anziano gli disse: «Non sai che ti amo?». Disse: «Sì». «Non mi avevi chiesto di parlarti come a me stesso?». «Certo». «Se tu dunque permetti alle passioni di entrare e le domini, esse ti rendono più provato; ti ho parlato come a me stesso; vi sono invece altri ai quali non giova che le passioni si avvicinino, ma devono cacciarle immediatamente»1
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Note
1 Questo brano tocca il complesso problema delle diverse «tecniche» contro l'assalto dei pensieri passionali. La dottrina più diffusa presso i padri si può schematizzare così: ci sono diverse «misure» di perfezione; deve perciò conseguirne un diverso atteggiamento nei confronti dei pensieri. Vi è un primo stadio, sufficiente per chi è ai primi passi nella via dello spirito, che consiste nel non tradurre il pensiero in azione (cf., fra gli altri, N 515). In tal modo il pensiero è intimamente svigorito e finisce col lasciare l'assedio della mente. Vi è un secondo stadio, invece, dei più perfetti. Consiste, in coloro che già sono esercitati nella lotta spirituale, nel respingere il pensiero senza soffermarvisi. Accanto a questa dottrina, abbastanza pacificamente recepita, si collocano invece due tesi contrapposte riguardo alla tecnica migliore per sopraffare il pensiero cattivo, e al modo di trarne la maggiore utilità possibile. I «pensieri» stessi, infatti, se usati bene, possono essere occasione di progresso spirituale (cf. PJ X, 86). Secondo la dottrina, che pare più diffusa e sicura, il pensiero deve essere contrastato allo stesso insorgere (cf. Sisoes 22), e gli deve essere impedito assolutamente l'ingresso nel santuario dell'anima (così san Benedetto interpreta l'ultimo versetto del Sal 136, 9 («Beato chi prenderà i tuoi piccoli e li sfracellerà contro la pietra»): bisogna respingere, annientare, sfracellare contro la Pietra, che è il Cristo, i pensieri provenienti dal Maligno, fin dal loro nascere; cf. Regola, Prol.). Secondo invece un'altra corrente, che si esprimerà nel modo più forte e formale in opere messaliane (cf. nota 1, p. 293) – e che trova una certa rispondenza nel secondo consiglio dato da Giuseppe di Panefisi – sarebbe più saggio e «da forti» lasciare che il pensiero entri nell'anima, per ivi combatterlo e vincerlo, smascherandolo e discernendone chiaramente la portata e il significato. Questa dottrina presenta una non casuale analogia con l'altra, sostenuta negli stessi circoli messaliani, della possibile compresenza, nell'anima del credente, dello Spirito Santo e dello spirito impuro. Come in tutti i movimenti, vi sono però posizioni diversamente sfumate; e si ritrovano anche all'interno dell'ortodossia dei germi di messalianismo positivi e fecondi.
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Fonte: L. Mortari, Vita e detti dei Padri del deserto, Città Nuova, ed. 2012